Artista contemporanea senese, Rita Rossella Ciani, vanta una lunga esperienza di pittura grazie alla formazione e alla conoscenza di tecniche diverse.
Inizia la sua esperienza professionale come pittrice di vetrate sacre in collaborazione con una vetreria artistica di Siena, esperienza che le consente di essere presente con le sue opere in chiese e palazzi sia in Italia che all'estero.
Il suo percorso lavorativo è ricco di commissioni ed opere sacre e laiche, quali ad esempio la Lancia d'oro della Giostra del Saracino di Arezzo, il nuovo Gonfalone per la Confraternita dei Laici di Arezzo e il Palio di Siena eseguito nel 2006.Dipinti come il Buongoverno (omaggio a Lorenzetti), Siena, Padova e Canterbury, solo per citarne alcuni, aprono il filone di un proprio ed unico stile pittorico fatto di giochi visivi, portando l'osservatore ad essere il vero protagonista dell'opera.
Nuova è la concezione tridimensionale di tale pittura, fatta di una forte carica emotiva, sua unica e costante fonte d'ispirazione.
Per Rita Rossella Ciani il 1954 è una data importante, ed altre saranno ugualmente importanti a questa, in quanto il 28 di settembre nasce in un piccolo borgo nelle vicinanze di Siena. A 14 anni si iscrive all’Istituto d’Arte “Duccio di Boninsegna” di Siena dove consegue il titolo di Maestro d’Arte. Il periodo trascorso presso la scuola sarà indubbiamente fondamentale per il proseguo della sua attività in quanto ha l’occasione di conoscere i maestri che in quegli anni sono al centro dell’attività culturale ed artistica della piccola città toscana (Plinio Tammaro, Vasco Valacchi, Ezio Pollai, Carlo Semplici), città che resta una fucina di idee e di sperimentazioni continue. Qualche anno dopo, è il 1976, consegue anche il Diploma Magistrale.
Entrambe le scuole risulteranno fondamentali per il prosieguo della sua attività: la prima per apprendere le varie tecniche pittoriche e la conoscenza dei maestri del passato, la seconda per inoltrarla nel variegato mondo umanistico. Rita ha bisogno di emozioni forti che la soddisfino, comprende che il suo vero amore non può essere l’insegnamento nelle scuole ma quello che è il suo ed unico vero amore: la pittura. Riprende la strada che ha lasciato qualche anno prima, si rimbocca le maniche e con umiltà ed in punta di piedi entra nella bottega, la vetreria artistica “la Diana”, dove conosce Fiorenzo Joni, figlio di Icilio Federico, il famoso “pittore di quadri antichi”: è il 1986. È qui che cresce, la mano è buona e non può solo che perfezionarsi. Accanto a Fiorenzo scopre tutti i segreti del disegno, della pittura e delle tecniche miste nonché la conoscenza del passato, della tradizione dell’antica scuola senese del Trecento e del Quattrocento. Le vetrate di cui lei è collaboratrice vengono inviate in tutti i continenti, il suo far vetrate è ieratico come i maestri di fine Duecento che incantavano i credenti e i viandanti nelle fredde ed immense cattedrali gotiche.
È giunto il momento di spiccare il volo. Lascia la bottega, la sua “Università” dura oltre un decennio; non sarà un addio ma un semplice arrivederci, tornerà quando serve, è comunque casa sua.
Continua a dipingere ed ancor di più si avvicina in maniera sviscerata a quello che più è facile respirare per un’artista che frequenta Siena. È la città stessa che ti spinge in tale direzione, ovunque tu vada capisci, vedi, ti viene sussurrato dalle lastre che calpesti e dai muri che osservi che devi avere a che fare con Simone o con Ambrogio oppure con Stefano di Giovanni. È evidente! Devi conoscerli bene. All’inizio puoi copiarli ma poi non puoi rimanere a fare il “freddo copista”, devi iniziare a camminare da solo ed intraprendere la tua strada mediata da loro.
Ed è ciò che avviene con una delle prime importanti commissioni. Per la chiesa di San Giovanni Battista a Rosia esegue la pala d’altare dell’“Incontro della Madonna con Sant’Elisabetta” (2000). La scena del Sacro Incontro fra le due cugine si svolge in piena campagna; la campagna è quella che circonda la terra natia di Rita, si riconoscono le colline che si intravedono da Rosia così con l’ampia vallata del fiume Merse.
Elisabetta inginocchiata di fronte a Maria è una raffigurazione insolita per l’iconografia cristiana; la cugina, più matura di età la guarda con rispetto e capisce il futuro travaglio di Maria che ormai è conscia del suo destino: portatrice-generatrice del Salvatore dell’Umanità. La delicatezza del panneggio, i colori vividi fanno ondeggiare la pittura nel Quattrocento umbro-toscano ma al tempo stesso vicina a quei maestri del purismo senese di due secoli or sono.
Tra la fine del secolo scorso e l’arrivo del nuovo millennio, giungono nuove commissioni legate principalmente con l’esecuzione di drappelloni in seta: Roccatederighi (1992 e 1993), Lancia d’Oro per la Giostra del Saracino ad Arezzo (1999) e Sarteano (2001), Montisi (2002), Montepulciano (2005), Siena (2006), Montalcino (2016).
Nel 2005 partecipa e vince il concorso per l’esecuzione del drappellone del Palio di Siena del 02 luglio dell’anno successivo, dedicato al VI centenario della nascita di Sano di Pietro. La sua è una sfida continua dove il drappellone è il campo per questa nuova “battaglia” a colpi di pennelli e di colori. Tornano nella sua memoria gli anni trascorsi nella bottega con Fiorenzo Joni, i volti della Madonna e dell’Angelo suonatore prendono forma accostandosi sempre di più al pittore a cui è dedicato il Palio del 2 luglio: Sano di Pietro. La mano sembra guidata dallo spirito di Joni padre e dallo stesso Sano di Pietro ma in realtà è la mano di Rita e merito della sua preparazione storica, artistica ed umanistica. Quindi è il Quattrocento senese, meditato tramite la frequentazione dell’umanista Roberto Guerrini, il cavallo di battaglia di questo non inaspettato successo.
Ma all’orizzonte si presenta un nuovo e affascinante progetto: un mondo metafisico, surreale nell’esecuzione ma non nel genere che la proietta dalle forme attuali a costruzioni spaziali che creano richiami al mondo lontano, pacifico e idilliaco della città gioiosa che Ambrogio Lorenzetti ha affrescato sulle pareti della Sala della Pace all’interno del Palazzo Pubblico di Siena.
Caparbiamente si cimenta nei giochi prospettici, complicati ai più ma che la Ciani risolve con genialità e semplicità. Parte con le serie “Pellegrini sulla Francigena” e “Omaggio al Lorenzetti”, che poi trasforma in maniera repentina creando il suo stile autonomo: l’Optical Convertion Art. Qui i borghi lorenzettiani, i paesaggi o i ritratti si trasformano, nella tela inserisce dei triangoli; i disegni che va a dipingere proiettano delle realtà difficili: frontalmente l’opera è illeggibile, almeno da vicino, si perde di armonia in un gioco astratto che dà fastidio alla percezione. E Rita gioca con la nostra percezione, su ciò che il nostro cervello elabora mediante il passaggio dalla retina. Il nostro cervello però, rinnega ciò che vede-non vede, cerca inevitabilmente di trovare la giusta strada, la via razionale a questo mondo di forti contrasti. L’inganno visivo è lì, a portata dello spettatore che cerca di venire a capo di questa situazione difficoltosa: piano piano viene a scoprire qualcosa di diverso, ma di uguale. Il soggetto si può presentare pieno di vivi colori oppure lasciare il posto ad una tela-tavola bicroma di bianchi e neri o rossi o blu. È inevitabile che stiamo camminando su un filo sottile di seta cosicché diventa inequivocabile doversi spostare a destra e a sinistra, oscillare come un pendolo. Di fronte ai suoi quadri diventa categorico il “vietato sostare” che si parli di città ideali, di ritratti o di cattedrali.
Ma non è finita qui. Il lavoro e di conseguenza la ricerca, continua. Le difficoltà prospettico spaziali si accentuano. Ecco la nuova frontiera della Optical Convertion Art, la tela-tavola è piena di colori, non più uno spazio bicromo e l’altro infuso di colori. I colori diventano sovrani all’interno dei suoi soggetti e come per magia la sua opera diventa “uno et trino”. Si, proprio così, perché tre diventano i suoi punti di lettura.
Quindi Rita Rossella Ciani ci dona non una ma la grande illusione dove si rimane affascinati dagli elaborati prospettici, dalla sensibilità realizzativa di questa artista che nelle sue migliori intenzioni ha trasformato il suo linguaggio accademico in una miniera di idee che la proietta come una novità nel panorama artistico.
Dott. Paolo Fiorenzani
“Il doppio si sdoppia in prospettive altre e riflesso in geometrie mobili, si moltiplica unico nel divenire organico”
Dott. S. Costanzi